L'avvento di Internet e delle tecnologie digitali ha profondamente trasformato i processi di comunicazione mediatica, aprendo la strada a forme di partecipazione attiva da parte del pubblico: il modello unidirezionale trasmettitore-ricevente è entrato in crisi di fronte all'ascesa del prosumer e della comunicazione dal basso.
Con prosumer - crasi di producer e consumer - si indica un utente che non è più solo fruitore passivo di contenuti, ma produttore attivo di informazioni e significati. Attraverso piattaforme web 2.0 e social media, ognuno può diffondere messaggi potenzialmente virali, intervenire nel dibattito pubblico, mettere in circolo idee bypassando i gatekeeper tradizionali.
Si moltiplicano così voci e punti di vista alternativi rispetto al mainstream mediatico. Frange outsider della società acquisiscono improvvisa visibilità. Temi controversi irrompono nell'arena pubblica attraverso hashtag di successo. Le narrazioni dal basso decostruiscono acriticamente rappresentazioni e ideologie egemoniche.
Non mancano certo le criticità: dalla viralità acritica delle fake news, all'insensatezza delle shitstorm sui social, al rischio di creare echo chamber chiuse ed ideologicamente polarizzate. La facilità di accesso alla produzione mediatica comporta anche un abbassamento degli standard di qualità dell'informazione e del fact-checking.
E tuttavia, nell'arena globale e interconnessa, l'emergere di public voice autonome e attive ha un enorme potenziale democratico. A patto di promuovere educazione mediale diffusa e spirito critico nei cittadini. Perché ognuno diventi responsabilmente protagonista di quel processo di comunicazione allargato e partecipato che è la vera promessa del villaggio globale.