La legge 150/2000 a 20 anni dall’approvazione: bilancio e prospettive

Sono trascorsi ormai vent’anni dall’approvazione della legge 150/2000, che ha profondamente innovato la disciplina delle attività di informazione e comunicazione nelle pubbliche amministrazioni. Un tempo sufficiente per tracciare un bilancio di questa importante riforma, analizzandone luci e ombre alla luce dell’esperienza accumulata, ma anche per riflettere sulle prospettive future e sui possibili sviluppi della materia.

L’intento del legislatore era chiaro: modernizzare la comunicazione pubblica, rendendola più trasparente ed efficace. Le amministrazioni, specie a livello centrale, affidavano tradizionalmente queste attività all’esterno, ad agenzie specializzate, con logiche più proprie del marketing che non di un’informazione al servizio dei cittadini. Si trattava di professionalizzare la comunicazione all’interno della PA, strutturandola in apposite funzioni specializzate che rispondessero a precisi obiettivi di accountability, imparzialità e miglioramento del rapporto con i destinatari dei servizi.

Sotto questo profilo, l’istituzione degli uffici stampa e, soprattutto, degli Uffici per le relazioni con il pubblico (URP) ha rappresentato un passo avanti importante. Gli URP, in particolare, sono stati pensati per avvicinare la PA ai cittadini, fornendo informazioni, semplificando procedure, raccogliendo segnalazioni e reclami. Hanno costituito un tentativo concreto di rendere le amministrazioni più trasparenti e dialoganti. Certo, molto dipende dalle risorse e dall’impegno di ciascun ente nel implementare e potenziare queste strutture. Ma dove gli URP hanno potuto operare efficacemente sono stati apprezzati dai cittadini come un punto di riferimento, un canale diretto di comunicazione.

Anche la previsione di figure esperte di comunicazione interna alle amministrazioni (i portavoce) ha favorito una maggiore consapevolezza del ruolo strategico di queste attività, superando la logica del mero addetto stampa. Certo, permangono nodi irrisolti, come i frequenti conflitti tra queste figure e la dirigenza amministrativa, restia a cedere spazi di autonomia. Ma si è aperto un processo di empowerment della comunicazione pubblica.

E tuttavia, a vent’anni dalla 150/2000, è possibile individuare anche diverse ombre e aspetti problematici emersi nell’applicazione concreta. Innanzitutto va segnalata la disomogeneità nell’attuazione della legge nelle diverse amministrazioni, con forti divari territoriali e dimensionali. Mentre ministeri, regioni, grandi comuni hanno potuto investire risorse ed expertise nella comunicazione, piccoli enti stentano ad attrezzarsi adeguatamente sotto questo profilo.

In secondo luogo, la trasformazione digitale ha profondamente mutato gli scenari della comunicazione pubblica. L’avvento dei social media e il moltiplicarsi dei canali online impongono oggi competenze specifiche e approcci innovativi, non sempre presenti nella PA. Spesso website istituzionali, profili social, chatbot rivelano limiti di impostazione e gestione. L’implementazione delle nuove tecnologie richiede skill e sensibilità non improvvisabili.

Ancora, se gli URP hanno oggettivamente avvicinato le amministrazioni ai cittadini, il peso della burocrazia continua a frapporre barriere, code, complicazioni superflue. La trasparenza muove passi avanti, ma tra scarso coordinamento tra uffici, complicazioni lessicali, modulistica farraginosa, permangono zone d’ombra che rendono faticoso l’accesso ai servizi. La cortesia del personale si scontra con macchine amministrative poco orientate all’utenza.

Infine, i limiti nella programmazione e nel coordinamento della comunicazione: troppo spesso prevalgono logiche estemporanee, campagne improvvisate, manca una regia unitaria. Manca ancora, nella PA, la capacità di pensare la comunicazione in modo strategico e integrato.

Come proiettare allora nel futuro questa importante riforma? Tre sembrano le direttrici da seguire.

Innanzitutto, puntare sulla formazione: le nuove tecnologie richiedono skills in continua evoluzione; serve personale capace di gestire siti web, social, big data, intelligenza artificiale. Vanno potenziati i percorsi formativi per i comunicatori pubblici, pena l’obsolescenza delle competenze.

Poi, semplificare e innovare le procedure dal punto di vista dell’utente: gli URP vanno integrati in un sistema che riduca davvero la burocrazia, ad esempio potenziando lo sportello unico. La trasparenza va resa reale, oltre gli adempimenti formali.

Infine, serve un coordinamento più efficace della comunicazione, all’insegna dell’ascolto, della programmazione, dell’innovazione; che superi la logica dell’adempimento e valorizzi queste attività come asset strategico.

Vent’anni dopo, la 150/2000 resta una tappa decisiva di un percorso di modernizzazione della PA che richiede continuo impegno. Consapevoli dei passi avanti compiuti, ma con lo sguardo rivolto al futuro, per una comunicazione pubblica sempre più integrata, innovativa, al servizio dei cittadini.

Posta un commento

Nuova Vecchia