L'avvento dei social media ha rivoluzionato il modo in cui comunichiamo e interagiamo, offrendo enormi opportunità di connettività e condivisione di informazioni. Tuttavia, il loro impatto sulla salute pubblica, soprattutto fra i più giovani, è motivo di preoccupazione crescente.
Recentemente il sindaco di New York Eric Adams ha definito i social media "tossine ambientali" che alimentano una crisi nella salute mentale dei cittadini più fragili ed esposti. I dati sembrerebbero confermare questa tesi: negli ultimi 10 anni depressione e ansia fra adolescenti sono aumentati in modo allarmante. Gli esperti individuano nei social una delle cause principali. Le piattaforme sono progettate per creare dipendenza, spingendo gli utenti, specialmente i più giovani con personalità in via di formazione, in un vortice da cui è difficile sfuggire.
L'iper-connessione può portare anche all'isolamento sociale nel mondo reale. Il bisogno ossessivo di approvazione online può minare autostima e senso di sé. Il confronto continuo induce ansia e depressione. Inoltre, social come TikTok e Instagram promuovono modelli irrealistici e insalubri, come ad esempio disturbi alimentari.
È urgente che le società “Big Tech” assumano le proprie responsabilità. Servono misure di salvaguardia della salute mentale, specie per gli utenti più vulnerabili, insieme a maggiore trasparenza sugli algoritmi che amplificano i contenuti dannosi. Vanno contrastati il marketing subdolo e le tecniche persuasive occulte.
La sfida è complessa poiché limitare l'utilizzo dei social rischia di compromettere i benefici che offrono. Sono uno strumento di informazione, comunicazione, intrattenimento imprescindibile nel mondo contemporaneo.
La soluzione sta quindi nella consapevolezza: educare gli utenti, specie i giovanissimi, ad un uso critico, limitando i tempi di esposizione e preferendo le interazioni dal vivo. Le istituzioni devono vigilare e cooperare con le aziende tecnologiche per garantire che queste piattaforme, ormai centrali nella nostra vita, promuovano il benessere anziché minacciarlo.