Nei momenti di emergenza e crisi, come la pandemia o un disastro naturale, il ruolo dei media mainstream diventa ancora più centrale e delicato. Da un lato, televisioni, radio e giornali sono la principale fonte di informazioni per i cittadini, e possono fare la differenza tra reazione ordinata o caos incontrollato. Dall'altro, la comprensibile ansia da breaking news rischia di alimentare isteria, psicosi, comportamenti irrazionali. Come conciliare esigenze opposte?
In primo luogo, è fondamentale che i media mainstream si attengano a standard elevati di accuratezza, evitando di diffondere notizie false o sensazionalistiche solo per fare audience. Le istituzioni sanitarie e di protezione civile vanno considerate fonti attendibili a cui dare ampio spazio. Bisogna poi calibrare con attenzione l'enfasi emotiva: dilatare a dismisura rischi e pericoli alimenta solo il panico.
Al contempo, non si può né minimizzare la crisi, né comunicarla in modo eccessivamente tecnocratico. Il linguaggio deve saper parlare alla pancia delle persone, usando immagini e toni che favoriscano la consapevolezza, non la paura irrazionale. Fondamentale infine dare spazio alle storie individuali e collettive di resilienza e solidarietà: sono esse che cementano il senso di comunità quando è più necessario.
Insomma, di fronte all'emergenza i media mainstream devono essere ancora di più autorità affidabili, punti di riferimento. Mantenendo lucidità, scrupolo etico e sguardo umano. Perché una corretta informazione può davvero fare la differenza tra disgregazione e coesione sociale.